L’arte di Ezio Gribaudo e i “Teatri della Memoria” in Texas
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L’arte di Ezio Gribaudo e i “Teatri della Memoria” in Texas

Intervista con un ambasciatore dell’arte contemporanea in America

L’archeologia della conoscenza e dell’esperienza umana sono i temi principali delle opere di Ezio Gribaudo, che a Lubbock (Texas) sono in mostra fino al 28 maggio al Louise Hopkins Underwood Center for the Arts. La curatrice della mostra “Ezio Gribaudo’s Theaters of Memory” ha intervistato l’artista torinese

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Ezio Gribaudo. Foto: Matteo Imbriani

di Victoria Surliuga – 9 aprile 2016

L’arte italiana contemporanea negli Stati Uniti ha trovato un ambasciatore in Ezio Gribaudo, i cui Teatri della Memoria sono esposti a Lubbock, Texas, fino al 28 maggio in una mostra curata da chi scrive queste righe e intitolata, Ezio Gribaudo’s Theaters of Memory, che raccoglie una serie di lavori sul tema della memoria dal 1965 fino al 2015. L’archeologia della conoscenza e dell’esperienza umana sono i temi principali di queste opere, nelle quali Gribaudo rivisita i momenti principali della sua carriera artistica.

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Teatro della memoria (1990). Archivio Ezio Gribaudo.

All’inaugurazione, il direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles Valeria Rumori ha consegnato a Gribaudo il prestigioso premio alla carriera The IIC (Istituto Italiano di Cultura) Lifetime Achievement Award, riconoscimento dell’eccellenza italiana nel mondo e assegnato a personalità quali Claudia Cardinale, Francis Ford Coppola, Ennio Morricone, Renzo Piano e altri. Inoltre, Gribaudo ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Lubbock. Tra gli sponsor della mostra ci sono The CH Foundation, The City of Lubbock, Civic Lubbock, Inc. e la Texas Commission on the Arts, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles, con l’appoggio del Consolato Generale di Houston, ItalyinUS.org, The College of Arts and Sciences e The Department of Classical and Modern Languages and Literatures della Texas Tech University. Durante la mostra e l’inaugurazione, è stato proiettato il documentario The White Magic of Ezio Gribaudo, diretto da Marco Agostinelli e Andrea Liuzza (2015). Inoltre, il 19 aprile 2016 Victoria Surliuga terrà una conferenza su Gribaudo presso l’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles.

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Foto:Mark Umstot. Da sinistra a destra: Il Console Generale di Houston Elena Sgarbi; l’artista Ezio Gribaudo; il Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles Valeria Rumori; l’editore Paola Gribaudo; la curatrice della mostra e Associate Professor of Italian Victoria Surliuga; l’editore Marta Hallett; Dean Brent Lindquist, College of Arts and Sciences, Texas Tech University.

Gribaudo è nato il 1929 a Torino, dove vive e lavora. Un’intensa attività espositiva accompagna la sua carriera artistica dal 1953 a oggi, segnata da importanti riconoscimenti, tra i quali il premio per la grafica alla XXXIII Biennale di Venezia (1966) e alla Biennale di San Paolo del Brasile (1967). Pittore, scultore, grafico, Gribaudo è tra gli editori d’arte più affermati e ha lavorato con Willem De Kooning, Marcel Duchamp, Joan Miró, Henry Moore e numerosi altri. Le sue opere più note sono i logogrifi, i flani e gli studi monocromatici bianchi. Gribaudo ha esposto i suoi lavori a New York in diverse occasioni dal 1966 alla Wittenborn One-Wall Gallery. Due altre mostre avvengono rispettivamente nel 2006 presso la Briggs Robinson Gallery e Chronicle of an American Journey 1961 nel 2013 all’Istituto Italiano di Cultura di New York. Inoltre, le sue opere si trovano nelle collezioni permanenti di diversi musei, tra i quali il Museum of Modern Art di New York (MoMA), la Peggy Guggenheim Collection (Venezia), Ca’ Pesaro (Venezia), il Musée des Arts Decoratifs (Parigi), il Museum of Imagination (Hudson, NY) e in molte collezioni private.

Tutto questo viene spiegato nel mio volume, Ezio Gribaudo: The Man in the Middle of Modernism (New York: Glitterati, 2016), che accompagna la mostra di Lubbock. Il libro include un saggio introduttivo e una serie di interviste che illustrano le attività di Gribaudo come artista, editore d’arte e collezionista, nonché il suo lavoro con le maggiori personalità dell’arte, da Pablo Picasso che incontra nel 1951, a Peggy Guggenheim, Francis Bacon e Giorgio de Chirico. Ho posto per La VOCE di New York alcune domande all’artista:

Data la tua notevole attività espositiva negli Stati Uniti, in modo particolare a New York, Los Angeles e Chicago, vorrei chiederti di condividere le tue impressioni su questa mostra inaugurata il 31 marzo a Lubbock, Texas. Hai presentato i tuoi lavori in molte occasioni negli Stati Uniti e le tue opere si trovano ad esempio nella Peggy Guggenheim Collection di Venezia, nel Museum of Modern Art (MoMA) di New York e in collezioni private. Che cosa evocano in te il Texas, Lubbock e questa mostra, che rappresenta un importante evento per l’arte italiana negli USA?

Foto: MAAP

Foto: MAAP

“I miei logogrifi sono stati inseriti al MoMA di New York da Riva Castelman, che ha diretto il dipartimento di arti grafiche. Inoltre, ho avuto i primi incontri con l’America a New York, dove ho provato delle grandi emozioni, le stesse che ho adesso, dopo cinquant’anni, nell’aver realizzato una mostra nel Texas. Mi vengono in mente soprattutto i ricordi giovanili, a partire dal film Ombre rosse di John Ford del 1939, che mi hanno colpito. Sono rimasto quindi affascinato dal Texas e non avrei mai immaginato che dopo quasi sessantacinque anni avrei avuto l’opportunità di esporre il mio lavoro in questa parte dell’America. I film che hanno segnato la mia adolescenza mi fanno tornare a quel periodo della mia vita. Durante gli anni del fascismo guardavamo soprattutto i film dei ‘telefoni bianchi’ e quindi sono rimasto colpito dai western americani con i loro eroi”.

Questa mostra ha come tema i Teatri della Memoria. Che cosa rappresentano all’interno della tua opera, a partire dal discorso delle pratiche mnemoniche rinascimentali?

“Il teatro della memoria mi fa rivivere, nella mia visione e attraverso la mia retina, tutto quello che ho vissuto e visto, come amarcord di ogni cosa che mi ha colpito e di periodi magici nella mia vita. Attraverso questi teatri, ho cercato di suggerire un’emozione perché l’arte è soprattutto questo, oltre al voler dare una resa del bello. Solo attraverso gli strumenti dell’emozione e della bellezza si può costruire una vita artistica veramente straordinaria. Con le mie opere, nelle quali ho creduto, ho attraversato diversi periodi con tecniche molto diverse tra di loro. Credo di aver creato una mia visione che mi ha aperto la mente a molte emozioni, da me condivise con i fruitori della mia arte”.

Teatro della memoria / Theater of Memory (1984-1989) Foto: Archivio Ezio Gribaudo – eziogribaudo.com

Teatro della memoria / Theater of Memory (1984-1989) Foto: Archivio Ezio Gribaudo – eziogribaudo.com

I tuoi Teatri della Memoria vanno considerati come una summa della tua opera e uniscono anche i famosi flani e logogrifi, gli stessi logogrifi con i quali hai vinto il premio per la grafica alla XXXIII Biennale di Venezia nel 1966 e altri premi internazionali che hanno proiettato la tua carriera artistica in una dimensione internazionale.

“Il premio della Biennale di Venezia è stato un passe-partout importante, essendo uno dei più ambiti. Il processo di selezione delle opere premiate riassume tutto quello che accade nel mondo dell’arte. Anche se sono passati cinquant’anni, mi aveva emozionato l’idea di ricevere un premio così importante e di alto prestigio in una giovane età. Queste emozioni mi hanno dato una carica importante e mi sentivo investito da una certa responsabilità.

Teatro della memoria / Theater of Memory (2015) Foto: Archivio Ezio Gribaudo – eziogribaudo.com

Teatro della memoria / Theater of Memory (2015) Foto: Archivio Ezio Gribaudo – eziogribaudo.com

 

Era un premio per la grafica non seriale e in questo settore esistono centinaia di tecniche, ma io avevo trovato una formula che era stata apprezzata dalla giuria internazionale del premio, composta da otto membri, tra i quali Palma Bucarelli e Herbert Read, tutti direttori di musei europei che dettero al mio lavoro un’attenzione particolare. Dopo i primi logogrifi ho continuato con questo lavoro di bianco su bianco, dove il segno dell’ombra portata delinea il foglio, disegnandolo e definendo l’opera. Il mio lavoro è una continua ricerca, anche attraverso materiali meno nobili della carta. La carta è un materiale non bellissimo, è di difficile manipolazione, ma è nobile.

Tutto questo mi ha dato lo spunto per continuare, ad esempio con i metallogrifi e altri nuclei tematici. La mia attività artistica continua ad evolversi, ma forse è nel bianco che ho dato il meglio di me stesso, in quanto è qui che trovo in assoluto la perfezione della sua eleganza”.

Victoria Surliuga, Ph.D., è Associate Professor of Italian alla Texas Tech University

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