Giovanni Carandente – Ezio Gribaudo il peso del concreto – 1968
È da Mondrian che il bianco è diventato luce in pittura, mentre qualche anno prima, con Malevic assunse il ruolo della polemica. Forse con Arp e con Capogrossi esso riprese il senso antico dei rilievi romanici. Con Gribaudo è diventato personaggio. Nullaltro sono, infatti, le impronte – negative = positive? – nelle palinodie grafiche di questi, che figurazioni emblematiche, come sui fianchi del Trono Ludovisi, nei merletti dei marmorari cosmateschi: tracce della memoria, sussulti di voci remote agglomerati del vento come la rosa del deserto. E dunque immagine, fgura, prima dispersa poi raggrumata, tanto che parrebbe debba alterarsi da capo, a un semplice moto, al minimo passar dello sguardo. La levità del rilievo, la mobilità delle impronte, la prevalenza di isole piane tra il tremolio dei geroglifici, danno per risultato il personaggio – paesaggio = figura = topografia preistorica? – ora in negativo al centro, ora in positivo in periferia e limmagine muta con il mutare dello spirito dell’osservatore […]